mercoledì 26 agosto 2009

ALTRO CHE PENSIONE A 65 ANNI !!!!


Lavoratrici discriminate su tutto. Altro che pensione a 65 anni
Eliana Como, Fiom nazionale
Il prezzo della crisi e dell'arretramento delle condizioni sociali nel paese è molto alto per tutti - lavoratori e lavoratrici - ma le ricadute sulle donne rischiano di avere una portata persino maggiore. Allo stesso modo, le misure del governo e della Confindustria - che pure attaccano i diritti del mondo lavoro nel suocomplesso - sembrano puntare con particolare accanimento a mettere in discussione i diritti e la libertàdelle donne.
In Italia, il tasso di occupazione femminile era - già prima della crisi - tra i più bassi d'Europa. Da sempre,alle donne vengono offerti i posti di lavoro più precari, meno qualificati e meno pagati; da sempre le loropensioni sono le più basse.
La crisi economica, oggi, amplifica e drammatizza queste disparità, aumentando le discriminazioni e peggiorando, in tutti i settori e in tutte le aree del paese, le condizioni di lavoro e di vita di moltissimedonne.
Nel settore tessile - già duramente provato dalle delocalizzazioni e da una crisi strutturale di lungo periodo - sono molte migliaia le lavoratrici che in questi mesi hanno perso o rischiano di perdere il lavoro.
Nel settore metalmeccanico, sono spesso proprio le donne le prime a entrare in cassa integrazione o aessere licenziate. Questo avviene perché ancora oggi il lavoro di molte è considerato accessorio e marginale, ma anche perché - già prima - molte di loro avevano una condizione peggiore, sia dal punto di vista salariale che normativo. Ben prima della recessione, l'inchiesta della Fiom (i questionari sono stati raccolti nei primi sei mesi del 2007) testimoniava una vera e propria questione femminile nel settore.
Su tutti gli aspetti affrontati le risposte delle donne - soprattutto delle operaie - mostrano una condizione di grande fatica e sfruttamento e anche quando va male per tutti, per le donne va comunque peggio.
Già prima della crisi, i loro salari erano i più bassi (in media 200 euro in meno degli uomini); il loro lavoro il meno qualificato (il 70 per cento delle operaie non supera il 3° livello), le loro mansioni più ripetitive e monotone (il 90 per cento delle operaie svolge un lavoro che comporta atti e movimenti ripetitivi), le loro condizioni più precarie (le metalmeccaniche hanno il 25 per cento di probabilità in più rispetto a un uomo di avere un contratto precario, i loro contratti sono più brevi e per contro i percorsi di precarietà più lunghi). Quelle stesse operaie, oggi sono le prime a perdere il posto di lavoro e saranno anche le prime -
nel settore metalmeccanico come negli altri - a subire gli effetti della controriforma del sistema
contrattuale. L'accordo firmato da governo, Confindustria, Cisl e Uil, indebolendo il Ccnl e rinviando gli aumenti salariali all'incremento della produttività, finirà, infatti, per aumentare orari e ritmi di lavoro e allargare i già altissimi differenziali salariali tra uomini e donne.
Anche nel settore pubblico, nella scuola e nella sanità, le donne stanno pagando un prezzo pesantissimo.
I tagli del governo in questi settori significano centinaia di migliaia di posti di lavoro femminile in meno e una riduzione della quantità e della qualità dei servizi pubblici, che, comunque, saranno soprattutto le donne a pagare. Nel modello stesso di convivenza sociale proposto con il Libro Verde e con la bilateralità, i servizi sociali prima erogati dallo Stato saranno demandati al mercato e alle famiglie, cioè alle donne, a cui quasi interamente è affidato il lavoro di cura della casa, dei figli e degli anziani.
Ha davvero ragione, dunque, la Corte di Giustizia Europea a dire che le lavoratrici italiane sono
discriminate. È chiaro, però, che le cause sono strutturali e riguardano l'impianto sociale e economico nel suo complesso, dal mercato del lavoro ai servizi pubblici; dalla ineguale divisione dei compiti nei nuclei familiari fino ai rapporti nei posti di lavoro. Far passare come misura anti-discriminatoria l'aumento obbligatorio dell'età pensionabile - ora per le donne del pubblico impiego, domani per quelle del privato - è inaccettabile e di per sé discriminante.
Questo serve soltanto a fare cassa per pagare la crisi e non a aumentare le pensioni delle donne che, se sono le più basse, è appunto perché guadagnano meno, hanno carriere più difficili e percorsi più discontinui (non è un caso che la maggior parte delle donne accede alla pensione di vecchiaia e non di anzianità). Allo stesso modo, proporre l'eliminazione del divieto al lavoro notturno per le donne in gravidanza e nel primo anno di vita dei figli è criminale e, anche in questo caso, serve soltanto a aumentare la ricattabilità delle donne, non certo i loro salari.

martedì 25 agosto 2009

La rivoluzione interrotta delle donne - Lidia Ravera



Ho provato una vera gioia, leggendo la «conversazione» con Nadia Urbinati, ieri, su questo giornale.

Quando dice: «c’è, da parte delle persone attorno a noi, una specie di accettazione.

Il senso dell’inutilità collettiva».

Ho pensato: ha messo, come si dice, “il dito nella piaga”.

E mai frase idiomatica fu più opportuna. Qui si parla proprio di piaghe: indicarle è necessario, anche se sarebbe più elegante voltarsi dall’altra parte. Toccarle fa male. Ma attraverso il dolore, passa l’unica speranza di guarigione. Dunque diciamolo: è morta la dimensione collettiva.

Il “noi” che rafforzava i tanti “io” di cui era composto, latita.

Era onnipresente, la prima persona plurale. Ora è scomparsa.

Non è mai stata facile da declinare: includere l’Ego degli altri, sistemarlo accanto al proprio, non è mai naturale, tocca smussare angoli, reprimere individualismi, concedere generalizzazioni, perdere qualcosa di sè. Però si può fare, anzi: si deve. Soltanto una massa di “io” ordinati in un “noi”, che li sovrasta e li protegge e li rappresenta, nel corso della storia, ha saputo abolire lo schiavismo, difendere il lavoro, conquistare diritti uguali per tutti, combattere il fascismo. L’individuo, da solo, può regalare all’umanità soltanto il godimento dell’arte.

È necessaria, l’arte, ma non è sufficiente.

Non oggi e non qui, in Italia.

Ha ragione la Urbinati quando dice: «Quel che fa questo governo non è ridicolo...è tragico».

È tragico usare la paura e la fragilità psichica dei cittadini, aggravate entrambe dalla crisi economica, per disegnare una società che esclude e divide, che radicalizza le differenze e governa col ricatto milioni di solitudini. Poco più di metà degli italiani ha votato qualche anno di fiducia all’attuale Premier e alla sua “weltanschaung”.

Poco meno di metà degli italiani ha cercato, votando il centrosinistra, di segnalare il proprio “no”. Si tratta di milioni di donne e di uomini, dispersi e quindi condannati alla dimensione privata del dissenso: il lamento.

Per le donne è una sorta di revival: ve la ricordate la rivolta “da camera” delle nostre madri? Erano donne che avevano vissuto la giovinezza a cavallo della seconda guerra mondiale e che, nell’Italia in rapido sviluppo degli anni sessanta, impigliate nel codice antico dell’esistenza vicaria, stavano maturando un disagio crescente per i ristretti ambiti delle loro vite.

Che cosa facevano, mentre le loro figlie scendevano in piazza bruciando le icone della femminilità tradizionale? Si lamentavano.

Opponevano un fiero cattivo umore ad un destino che vivevano come immutabile.

Era il canto della loro sconfitta, il lamento.

Ci dava ai nervi.

Giurammo che noi no, noi non ci saremmo sacrificate.

Giurammo che avremmo imposto nuove regole, saremmo state parte attiva, a letto, al lavoro, in casa, in piazza. Lì per lì ci illudemmo di aver vinto. Non era così. La rivoluzione delle donne non è stata né vinta né persa. È stata interrotta. Interrompere una rivoluzione è pericoloso: non riesci a imporre nuove valori, a radicarli, a estenderli a tutti, come quando vinci. Non vieni travolto dalla restaurazione del vecchio, come quando perdi.

Quando lasci una rivoluzione a metà la restaurazione è lenta e strisciante.

Incominciano a bombardarti con l’icona della “ragazza tette grandi/ cervello piccolo”, non ci fai caso. Occupa i teleschermi (anche quelli del servizio pubblico) per vent’anni.

Spegni la televisione. Diventa protagonista della scena pubblica, corpo in vendita, carriera, oggetto di scambio, trastullo stipendiato di un modello di maschio potente/impotente che era già vecchio quando eri ancora giovane.

Ti scansi, spegni l’audio, non vuoi sentire.

Finché ti accorgi che, nel silenzio/assenso generale, si è tornati indietro. Come prima e peggio di prima.

Devi di nuovo essere complemento, protesi, utensile del piacere. Madre se proprio ti va, come lato B della carriera.

A tua figlia regalerai “Miss Bimbo”, il gioco elettronico che insegna a diventare Velina, Escort o moglie di miliardario. Sei di nuovo povera. Possiedi, come anticamente i proletari, soltanto il tuo corpo e quello devi far fruttare. E sbrigati: hai meno di 20 anni di tempo. Qualcuno dice che qualche ragazza ha trovato, per lo più all’estero, riconoscimento ai suoi talenti. Qualcun altro rimprovera “le femministe”, queste ormai mansuete streghe in prepensionamento, di tacere.

Ma non è vero.

Tutte noi, noi poche, abbiamo, in questi anni, parlato. Sole davanti allo schermo dei nostri computer, come si usa oggi. Abbiamo confezionato tristi arringhe, abbiamo segnalato, puntuali come Cassandre, rischi e degenerazioni. Non è successo niente.

Le parole delle donne non pesano un grammo.

Per questo bisogna ricominciare daccapo. Portare i nostri corpi in piazza, occupare spazio, farci vedere, farci sentire.

Contarci, per ricominciare a contare.


Luigi Strada detto Gino, Nobel per la Pace

Statuto della petizione
A: The Nobel Foundation Gino Strada è nato a Milano dove si è laureato in medicina, ramo chirurgia d’urgenza. E’ diventato chirurgo di guerra per scelta: dapprima lavorando con la Croce Rossa internazionale e poi creando un’associazione a favore delle vittime delle guerre civili. Emergency, sottotitolo Life Support of Civilian War Victims, nasce nel 1994 con sede in via Bautta 12 a Milano. L’obiettivo dell’organizzazione – come suggerisce il nome - è fornire assistenza alle vittime civili dei conflitti, menomate da ordigni bellici come le mine antiuomo, ma anche dalla malnutrizione e da mancanza di cure mediche, addestrare personale locale a far fronte alle necessità mediche, chirurgiche e riabilitative più urgenti e diffondere una cultura di pace. E’ un’ organizzazione internazionale privata, aperta, senza discriminazione politica, ideologica o religiosa, a tutti coloro che ne condividono i principi e gli obiettivi e ne sostengono le attività umanitarie. Dalla sua nascita Emergency ha creato sette ospedali e venticinque punti di pronto soccorso in Ruanda, Kurdistan iracheno, Cambogia e Afghanistan.
Firma
Promosso da
Creata da:
ERNESTO AMBROSI E GLI AMICI DI GINO STRADA
Autore:
ERNESTO AMBROSI
Registrata il:
12/05/09
La petizione Luigi Strada detto Gino, Nobel per la Pace è stata creata da ERNESTO AMBROSI E GLI AMICI DI GINO STRADA


Lista parziale di siti/blog che linkano a questa petizione
Ancora altri
DOC , Opinioni e Benessere
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DOC , Opinioni e Benessere: Catena di blog
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Pensieri, parole, opere e omissioni.
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1000.000 di fans che vogliono il Nobel per la Pace 2009 a Gino Strada ...
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GINO STRADA NOBEL PER LA PACE, RACCOLTA CONSENSI Facebook
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Luigi Strada detto Gino, Nobel per la Pace - PierLuca Santoro - FriendFeed
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nomadi
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Tea Time - Un té con .D.a.R.k.A.n.G.e.L.
http://kalantussia.splinder.com/
BlogItalia.it - L'Italia che racconta
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=42673

PROSSIMO INCONTRO DONNE A CONFRONTO


MARTEDI' 1° SETTEMBRE

alle ore 18

in via Tarabochia

S.O.S. SANITA' - FIRMATE L'APPELLO!

firma l’appello.
SOS Sanità ! La Salute è un Diritto
Siamo preoccupati
Il Servizio Sanitario del nostro Paese ha il compito delicato ed essenziale di garantire ai cittadini il diritto alla salute e alle cure sancito dalla nostra Costituzione.
Per questo, ha bisogno di stabilità, di buon governo e di certezze sui finanziamenti. E invece non riceve più le risorse necessarie al suo buon funzionamento.
Con le leggi finanziarie, nel biennio 2010 - 2011, sono state programmate cinque miliardi di riduzioni di spesa (sette miliardi rispetto all’attuale Patto per la Salute). Nel 2010 per la prima volta nella storia del Servizio Sanitario Nazionale il finanziamento sanitario è addirittura inferiore all’anno precedente, persino in valori assoluti (- 402 milioni). Mentre sparisce il fondo per la Non Autosufficienza (400 milioni).
Così si peggiorano i servizi e non possono essere garantiti i Livelli Essenziali di Assistenza ai cittadini, soprattutto ai più fragili. E si può interrompere il faticoso percorso di risanamento delle regioni impegnate nei piani di rientro dai disavanzi.
Le risorse necessarie
Ridurre il finanziamento per il servizio sanitario non ha alcuna giustificazione.
In Italia, in questi anni, la spesa in rapporto al PIL è rimasta nella media sia dei paesi UE che OCSE. E anche le proiezioni di spesa dei prossimi anni sono in linea con quelle gli altri paesi europei.
Il prossimo Patto per la Salute tra Governo e Regioni deve adeguare il finanziamento per la sanità, seguendo le linee già indicate dall’attuale Patto della Salute (che prevedeva un aumento annuo del 3,7%). La crisi non può essere usata come scusa, la spesa sanitaria svolge una funzione anticiclica e di investimento pregiato anche per la ripresa dello sviluppo.
Spendere meglio
La spesa sociale e sanitaria va usata con rigore e serietà: è spesa preziosa che serve a tutelare in primo luogo le persone più fragili. La sua efficienza e la sua efficacia sono obiettivi irrinunciabili.
L’esperienza delle regioni più virtuose, al contrario di quelle dove si concentrano gravi disavanzi, insegna che il vero risanamento non si ottiene con tagli indiscriminati, ma con una coraggiosa riorganizzazione dei servizi sanitari: il ridimensionamento e la riqualificazione della rete ospedaliera, il potenziamento dei servizi distrettuali (assistenza domiciliare), il governo degli accreditamenti, l’integrazione fra sociale e sanitario.
Riportare al centro i diritti
La riduzione dei finanziamenti oggi fa il gioco di chi vuole usare il federalismo fiscale per ridimensionare il servizio sanitario nazionale e così compromettere l’universalità del diritto alla Salute in tutto il Paese.
Indebolendo il servizio sanitario nazionale si rischia di aprire la strada, come vagheggia il libro bianco sul welfare, ad un sistema "semi mercantile", nel quale la sanità sarà diseguale, e più costosa, come ai tempi delle vecchie mutue.
Vogliamo fermare questa deriva e riportare al centro di ogni decisione la persona, i suoi bisogni, i diritti di cittadinanza sanciti dalla Costituzione.
Seguono le firme firma l’appello.
Le adesioni sin qui raccolte (in ordine alfabetico):
A Silvia Acquistapace, Eugenia Agnolio, Teresa Agostino, Dante Aietti, don Vinicio Albanesi, Sarina Aletta, Gualtiero Alunni, Tiziana Ambrosini, Massimo Ambrosini, Ignazio Ambu, Piero Amodeo, Aldo Ancona, Maria Andreotti, Emilio Antonelli, Maddalena Antonini, Barbara Apuzzo, Massimo Arcà, Silvia Arcà, Eleonora Artesio, Luigi Attenasio, Sandro Atzeni,
B Loreto Babalini, Giuseppina Bacinelli, Fabrizio Baldi, Giacomo Balduzzi, Enzo Ballatori, Anna Banchero, Cristina Banzato, Daniele Barbieri, Alessandro Barchielli, Antonio Bariletti, Daniela Barillari, Paolo Barison, Marcello Baroni, Laura Barozzi, Cristina Bastianello, Emanuela Battilana, Franca Beccaria, Flavio Bellati, Agnese Bellieni, Simona Bellini, Lucetta Bellomo, Bruna Bellotti, Patrizia Bellotto, Giuliana Beltrame, Alessandro Benacchio, Manuela Benevento, Bruno Benigni, Livio Berardo, Cristina Bernard, Gabriella Berni, Luciano Bersano, Giordana Bertoldi, Bianca Bertoli, Francesco Bertoncello, Gino Bertone, Mauro Beschi, Rosanna Bettella, Paola Bevilacqua, Renato Bianchi, Walter Biancotto, Silvia Biagini, Ado Bifulco, Franca Bimbi, Luigi Bisanti, Sergio Boato, Marziana Boer, Marianne Boivin, Fabrizio Boldrini, Silvia Boni, Stefano Borini, Angela Bortolotti, Gian Mario Boschiroli, Gastone Boz, Maria Grazia Breda, Francesca Bressan, Sabrina Brocco, Massimo Brunetti, Salvatore Bruno, Edmondo Bucchioni, Carmela Buonocore, Franco Busco,
C Stefano Cabras, Luana Cagnoni, Michelangelo Caiolfa, Ugo Calanca, Emerico Calgarotti, Paolo Calli, Massimo Campedelli, Sergio Campus, Dario Canali, Silvio Canapè, Andrea Caneddu, Lucia Caneddu, Calogero Cannarozzo, Donata Canta, Carla Cantone, Marina Capasso, Paola Capoleva, Silvana Capoverde, Roberto Capoverdi, Fiorentino Capozzoli, Daniela Cappelli, Marco Cappelli, Giuseppe Capucci, Francesco Carasi, Antonio Carellini, Rosanna Caria, Elena Maria Carlet, Idelma Carlet, Carlo Carlotto, Mirko Carotta, Gino Carpentiero, Paolo Carrozza, Lori Carugo, Clelia Caruso, Caterina Carzetta Siniscola, Giulia Casamonti, Andrea Castagna, Sergio Catanzani, Ruggero Cateni, Gino Cavaleri, Paola Cavallin, Rita Cavaterra, Alfredo Cavicchioli, Simona Ceccarelli, Stefano Cecconi, Marina Cerbo, Giorgio Cerquetani, Marco Cerri, Celina Cesari, Licia Cherchi, Valter Chiappini, Giusi Chiaroni, Sergio Chiloiro, Walter Chiodi, don Luigi Ciotti, Cesare Cislaghi, Giuseppe Cocco, Piero Coco, Maria Grazia Cogliati, Sonia Cogo, Silvia Colasanti, Maurizio Coletti, Dario Colombo, Valentina Comite, Luca Comiti, Maria Elena Congiu, Mario Corbo, Danilo Corradi, Antonietta Coronas, Leda Cossu, Alfredo Costa, Andrea Costa, Domenico Costa, Giuseppe Costa, Erica Costantini, Mirella Costanza, Pia Covre, Massimo Cozza, Pierantonio Crivelli, Maria Giuseppa Cuttano,
D Giovanna D’Ambrosio, Maria Assunta D’Amico, Claudia F. D’Ammassa, Giovanni Battista D’Amore, Giuseppe D’Angelo, Vito D’Anza, Nina Daita, Giuseppina Dal Lago, Rita Dal Zotto, Marco Dalmasso, Stefano Daneri, Laura Dapporto, Riccardo De Facci, Angela De Feo, Luca De Fiore, Laura De Floriani, Giovanna De Giacomi, Massimo De Girolamo, Franca De Lazzari, Emanuela De Luca, Mario German De Luca, Francesca De Rugeriis, Sandro Del Fattore, Laura Del Freo, Giovanna Del Giudice, Cinzia Del Rio, Francesco Del Vescovo, Peppe Dell’Acqua, Peter Deschmann, Sandro Dessi, Sergio De Togni, Gianni Dessì, Ivana Dettori, Rossana Dettori, Nino Di Bernardo, Gaia Di Gennaro, Agostino Di Maria, Giosué Di Maro, Ilaria Di Michele, Massimo Di Natale, Rosario Di Prima, Gino Di Sacco, Francesco Di Salvo, Franco Di Stanislao, Girolamo Digilio, Nerina Dirindin, Guido Ditta, Roberta Ditta, Luigi Dodio, Gianfranco Domenighetti, Nerio Dondi, Paolo Drago,
E Stefano Egidi, Viviana Egidi, Marco Endrizzi, Giuseppe Errico, Marco Espa, Rosanna Esposito,
F Simona Fabiani, Fiorenzo Albino Facco, Agatina Fadda, Nicola Falcitelli, Umberto Falcone, Rossella Fallacara, Lorenza Farina, Marisa Fasanella, Renzo Fasoli, Marina Favatà, Paolo Favetta, Valeria Fedeli, Paolo Federico, Maurizio Fériaud, Mafalda Ferletti, Luigi Ferrannini, Paolo Ferrario, Antonella Ferrero, Daniela Ferretti, Ludovico Ferrone, Michele Fiaschi, Samuele Filippini, Ida Finzi, Cinzia Folli, Iside Fontana, Gino Forato, Luisa Forte, Giovanni Foti, Antonella Francia, Tiziana Franzò, Raffaella Frau,
G Alfonso Galbusera, Giovanni Gambera, Mavì Gardella, Franco Garufi, Nadia Garuglieri, Alfredo Garzi, Monica Gemma, Michele Gentile, Andrea Gentili, Alessandra Geremia, Lucrezia Germinario, Gianluigi Gessa, Mario Gessa, Hakan Gezeroglu, Rosella Ghioldi, Maria Grazia Giannichedda, Barbara Giolitti, Roberto Giordano, Sonia Giorietto, Loredano Giorni, Manuela Giotto, Cinzia Giriolo, Flavio Girodengo, Marilina Giulianelli, Stefano Giuliodoro, Gabriele Giuria, Roberto Gnavi, Lidia Goldoni, Maria Gollo, Teresa Granato, Valentino Grandillo, Valentina Maria Grasselli, Jessica Greco, Lorella Maria Grecu, Margherita Grigolato, Leopoldo Grosso, Maurizio Gualdi, Alessandra Guazzetti, Ada Gubello, Maria Cecilia Guerra, Francesca Guiso, Gustavo Guizzardi, Pietro Gurrieri,
H Barole Abdu Hamid, Franz Hochgruber, firma l’appello.
I Donata Ingrillì, Erika Innendorfer, Silvia Ioli, Francesca Iosa, Piero Iozzia, Ilaria Iseppato, Antonio Paolo Isolan,
J Gaspare Jean,
K Nicola Kardos,
L Grazia Labate, Antonio Laceterra, Daniela Lambertini, Andrea Lanfranchi, Paolo Lanna, Manuela Latini, Elena Lattuada, Paolo Lauriola, Liana Lazzaro, Antonino Leone, Betty Leone, Maria Dolores Leori, Rossella Levaggi, Salvatore Lihard, Roberto Linadron, Maria Lisanti, Gina Locci, Maria Luisa Loche, Luisanna Loddo, Gaspare Lombardo, Salvatore Lombardo, Daniela Lorenzetti, Elisabetta Lorenzi, Claudia Loro, Tommaso Losavio, Maurizio Lovisato,
M Angelo Maccioni, Giovanna Maciariello, Gavino Maciocco, Carlo Christina Madeddu, Saida Maria Magi, Mariella Maggio, Barbara Maiella, Mario Maietta, Maria Pia Mainardi, Nicola Maiolino, Alessio Maione, Rossella Maione, Francesca Manassero, Grazia Manca, Florindo Mancinelli, Elisabetta Mandrioli, Michele Mangano, Leonarda Mangiacavallo, Alberto Mantovani, Andrea Marangoni, Annunziata Marcantonio, Adriana Marcianò, Antonio Marcianò, Cristiana Marchese, Giampietro Marchese, Lucia Marchiori, Giuseppe Marcon, Elen Mardegan, Maria Laura Marescalchi, Maurizio Marino, Daniela Marisi, Alessia Marri, Rosaria Martellacci, Anna Martellozzo, Gino Masenello, Enrico Materia, Andrea Matteini, Patrizia Mattioli, Mirella Mazza, Giandomenico Mazzocato, Michelangelo Mazzola, Caterina Mazzoleni, Nazario Mazzotti, Daniela Medioli, Andrea Mendolia, Ernesto Melluso, Luciano Menetto, Massimo Mengoli, Piernatale Mengozzi, Sergio Merendino, Marco Michelis, Anna Franca Milia, Maria Luisa Mirabile, Emanuela Mollichella, Carla Mollo, Gianni Mondini, Alessandro Montebugnoli, Elvira Morana, Mirella Morando, Paola Morescalchi, Luciano Moretti, Serena Moriondo, Bruno Morchio, Edith Moscatelli, Marilena Moser, Ernesto Muggia, Giorgio Mura, Manuela Murgese, Antonello Murgia, Gianni Murgia, Roberto Murru,
N Mario Fausto Nalin, Riccardo Nardelli, Antonella Nardi, Flavia Nardi, Oreste Negrini, Alessandra Neve, Elisabetta Neve, Piero Neve, Manuela Nicolucci, Laura Notari, Ilaria Novaro, Giovanni Novello, Mario Novello, Donatella Noventa,
O Orietta Olivo, Marina Luciana Oneta, Amedeo Orsini, Lina Ortolan, Bruna Osti, Cosimo Ottomano,
P Giovanni Padovani, Eva Pagano, Enrica Alessandra Pagliari, Eleonora Pahor, Nicola Pais, Raffaella Palladino, Bianca Pananti, Gian Battista Pandocchi, Mimmo Pantaleo, Sonia Paoloni, Ivana Parolo, Elisabetta Pascolo Fabrici, Luciana Passaretti, Achille Passoni, Davide Pastore, Maria Concetta Patisso, Rosa Pavanelli, Gianfranco Pavia, Alessandra Pedone, Maïté Pedroncini, Miriam Pegoraro, Paola Pelliccia, Antonella Pelosi, Paolo Peloso, Laura Pennacchi, Antonio Pepe, Remo Pepoli, Stefania Peracco, Alberto Peretti, Gianni Perfumo, Fulvia Perillo, Mauro Peroni, Aldo Perri, Elisabetta Perrier, Stefano Peru, Carlo Alberto Perucci, Franco Pesaresi, Marco Petrella, Dario Petri, Franco Piacentini, Ines Picardi, Morena Piccinini, Vincenzo Piccolo, Marina Pierlorenzi, Carla Pietrini, Silvano Piffer, Giuliana Pigozzo, Francesco Pili, Giulio Pillepich, Giorgio Pintus, Tiziana Pinzuti, Susanna Pistone, Maria Pistorello, Lorenza Pizzato, Renato Pizzuti, Mario Plebani, Carlo Podda, Elisabetta Podestà Stefano Poletto, Ettore Polizzi, Anna Poma, Angelo Ponti, Patrizia Previti, Saverio Proia, Marco Protani, Giancarlo Puggioni, Vincenzo Puggioni, Daniele Pulino,
Q Cinzia Quagliotti, Luca Quagliotti,
R Annalisa Radice, Stefania Rafaiani, Fabio Ragaini, Roberta Rampazzo, Emanuele Ranci Ortigosa, Daniela Ranocchia, Francine Reuter, Simona Ricci, Antoni Rillosi, Alfonsina Rinaldi, Mauro Rinaldi, Chiara Rinaldini, Arturo Rippa, Fausto Roila, Lucio Romano, Aida Romeo, Rossella Ronconi, Pietro Rosario, Mario Rossello, Fabrizio Rossetti, Luigi Rossi, Micaela Rossi, Silvana Rossi, Sabrina Ruberti, Benedetta Ruggeri,
S Liliana Saini, Adriano Salgarelli, Alba Salvaneschi, Enrico Salvi, Giuseppina Salvino, Gabriele Salvo, Francesco Santanera, Angela Santoro, Salvatore Santoro, Ignazio Sarlo, Mario Saugo, Antonio Saulle, Rossella Maria Savergnini, Chiara Sbardella, Roberto Dario Scagliola, Sonia Scalco, Fernanda Scantamburlo, Antonio Scapinello, Patrizia Scarsini, Lucia Scerra, Nadino Schiavo, Marco Sciollo, Silvano Scoizzato, Pompeo Scopino, Stefano Scordo, Mirco Sedran, Carmine Senese, Tullio Seppilli, Franco Seren Rosso, Vito Sessa, Antonella Sglavo, Assunta Signorelli, Graziella Silipo, Andrea Silvestri, Dario Silvestri, Enzo Silvestri, Milo Silvestri, Sara Simboli, Ilario Simonaggio, Daniela Simonetti, Romeo Simonetti, Adriano Sincovich, Marco Sodini, Lorenzo Sola, Antonello Sotgiu, Andrea Spanò, Lorena Splendori, Gabriella Stramaccioni, Ugo Sturlese, firma l’appello.
T Sara Stefania Tabbone, Bice Tanno, Gaetano Tarda, Andrea Tardiola, Cristina Tardo, Francesco Taroni, Carolina Tasco, Marisa Tassi, Sandra Temperani, Emanuela Terzian, Stefano Tescaro, Angela Testi, Laura Testi, Isabella Todaro, Gianni Tognoni, Maria Grazia Tomaciello, Lorenzo Toresini, Anna Maria Tormene, Luciana Tosi, Cristina Toson, Stefano Fernando Tozzi, Claudio Treves, Mario Trigatti, Niccolo Trotta, Giorgio Tufariello, Rita Turati, Donatella Turletti,
V Concettina Valente, Paolo Valenti, Enrica Valfrè, Laura Valsecchi, Tiziano Vecchiato, Stefano Vecchio, Claudio Venerus, Patrizia Venturini, Valerio Vergadoro, Alessia Vergolani, Borsi Vetrih, Marcello Vettorazzi, Gabriella Viberti, Luigi Viotto, Gioia Virgilio, Stefania Visentini, Tommaso Vito, Ugo Vivarelli, Fausto Viviani,
X Eleonora Xausa,
Z Daniela Zaccai, Stefania Zajczyk, Elisa Zambon, Paola Zambon, Sabrina Zampierini, Antonia Zanetti, Floriano Zanoni, Adelina Zenith, Michela Ziccardi, Daniele Zonta, Marta Zonta, Paolo Zoratti, Giuseppe Zuccatelli, Serafino Zucchelli ….